L’iscrizione latina scolpita sul marmo della facciata della Basilica Lateranense “Omnium Urbis et Orbis Ecclesiarum Mater et Caput”, non dovrebbe dar spazio a dubbi: “madre e capo di tutte le chiese di Roma e del mondo”. Come mai? Per il suo ruolo di guida: Cattedrale di Roma, diocesi del Papa e custode della cattedra papale, simbolo materiale dell’insegnamento e del magistero del vescovo di Roma. Ma andiamo con ordine.
La Basilica all’epoca di Costantino
Tutto ebbe inizio con Costantino che, dopo aver sconfitto Massenzio e avendo unificato nuovamente l’impero, decise di costruire al posto della caserma degli equites singulares (il corpo delle guardie scelte che avevano appoggiato il rivale) una domus ecclesia, il cui schema era simile a quello della Basilica di San Pietro. La basilica fu consacrata da papa Silvestro I nel 324 d.C. e fu dedicata in primis al Santissimo Salvatore.
Le trasformazioni nel Medioevo
Nel IX secolo Sergio III la dedicò anche a San Giovanni Battista e nel XII secolo Lucio II aggiunse la dedica a San Giovanni Evangelista. La basilica costantiniana, non più visibile, non doveva però differire molto dall’attuale, anche se molti furono gli importanti lavori intrapresi al suo interno durante il corso dei secoli. Sappiamo per esempio che all’inizio del IX secolo Leone III ricostruì i soffitti della basilica e decorò le finestre dell’abside con vetrate policrome; tra 1220 e 1236 Pietro Vassalletto insieme al figlio Iacopo realizzò il celebre chiostro cosmatesco con quadriportico dal cromatismo musivo arabo-bizantino; alla fine del XIII secolo fu realizzato da Jacopo Torriti e Jacopo da Camerino l’enorme mosaico dell’abside con la Vergine che presenta papa Niccolò IV inginocchiato tra santi, tutti rivolti verso la Croce di Cristo e la colomba dello Spirito Santo al centro. Il mosaico oggi visibile però è un rifacimento realizzato dai mosaicisti di Leone XIII, che riusarono soltanto le tessere musive dorate antiche dello sfondo.
Tra gli interventi più significativi vi furono poi quelli voluti da Bonifacio VIII per il Giubileo del 1300 (il primo della storia), quando venne realizzata la nuova loggia delle benedizioni con gli affreschi di Giotto e di Cimabue, andati poi perduti: ultimo momento di importanza per l’area del Laterano (unica sede del papato dal IV secolo d.C.), poiché con l’esilio dei papi ad Avignone, la basilica venne completamente abbandonata. Nel 1378 con l’elezione di Gregorio XI, finì il periodo avignonese e il papato tornò a Roma, ma con il Laterano in pessime condizioni, si preferì la sede del Vaticano.
La Basilica nel Rinascimento
Da questo periodo in poi, tutti i restauri furono rivolti esclusivamente alla cura della Basilica e del Battistero, mentre il Patriarchio venne lentamente lasciato andare in rovina. Sappiamo infatti che tra 1426 e 1431 papa Martino V provvide a un rifacimento del pavimento e delle pitture, commissionate a Gentile da Fabriano e Pisanello, mentre tra 1431 e 1447 papa Eugenio IV fece apportare importanti modifiche architettoniche e strutturali all’intera basilica, su cui in seguito Francesco Borromini si poggiò nel 1650, per ricostruire completamente la navata centrale e quelle laterali. Alla fine del 1500, papa Sisto V Peretti fece demolire del tutto il Patriarchio per costruire il Palazzo Apostolico Lateranense (oggi sede del Vicariato di Roma), ad opera dell’architetto Domenico Fontana e con esso il prospetto del transetto nord; mentre per il Giubileo del 1600, papa Clemente VIII Aldobrandini rinnovò il transetto e l’altare del SS.mo Sacramento su progetto di Giacomo della Porta.
La Basilica del Borromini
La basilica attuale si deve però al totale riassetto del 1650 ad opera di Francesco Borromini su commissione di papa Innocenzo X Pamphilj, sebbene i lavori terminarono solo nel 1660 sotto il papato di Alessandro VII, che fece restaurare anche il mosaico dell’abside e trasferire, dalla Chiesa di Sant’Adriano al Foro Romano, i battenti di bronzo dell’antica Curia romana che oggi costituiscono il grande portone centrale della Basilica.
Gli ultimi interventi: Settecento e Ottocento
La ricostruzione dell’interno si concluse quando, verso la fine del 1702, papa Clemente XI Albani e il cardinale Benedetto Pamphilj, arciprete della Basilica, annunciarono la loro intenzione di adornare le nicchie interne (realizzate dal Borromini e rimaste vuote) con 12 monumentali sculture degli Apostoli. Ogni statua doveva essere sponsorizzata da un illustre principe e i primi furono proprio loro due: il papa finanziò la realizzazione della statua di Pietro, mentre il cardinale quella di Giovanni l’Evangelista.
La facciata della Basilica fu completata con il nuovo prospetto di Alessandro Galilei qualche anno prima del Giubileo del 1750, mentre gli ultimi grandi interventi si ebbero con Pio IX, che restaurò il tabernacolo e la confessione e con Leone XIII che dal 1876 al 1886 incaricò l’architetto Francesco Vespignani di abbattere l’abside per ricostruirlo in posizione più arretrata, dove lo vediamo oggi.
Ultima sorpresa: nel XX secolo, durante il restauro del pavimento cosmatesco, furono rinvenuti i resti dell’antica caserma degli equites singulares, ideale tratto di unione tra l’epoca pagana e l’epoca cristiana.