In un angolo seminascosto, dietro la frequentatissima piazza Navona, si cela uno dei gioielli rinascimentali e barocchi di Roma, la Chiesa di Santa Maria della Pace. Le dimensioni ridotte dell’edificio, nulla tolgono allo straordinario insieme architettonico che colpisce il visitatore sin dall’esterno: una facciata convessa in bianco travertino, caratterizzata da un colonnato di ispirazione classica, opera di Pietro da Cortona che si occupò inoltre del rifacimento della chiesa per conto di papa Alessandro VII Chigi nella metà del Seicento.
Santa Maria della Pace: le origini
L’edificio è però ben più antico: sorgeva infatti sul luogo della medievale chiesa di Sant’Andrea degli Acquarenari – coloro cioè che “depuravano” l’acqua del Tevere dalla renella (sabbia) – riconsacrata alla fine del Quattrocento a Maria della Virtù, per volere di papa Sisto IV della Rovere; secondo la tradizione infatti, fu qui posta un’immagine miracolosa della Vergine, ancora oggi conservata al suo interno. Nel 1484, per commemorare la fine della Guerra di Ferrara e la Pace di Bagnolo, la chiesa assunse il nome odierno: Santa Maria della Pace.
Da Bramante a Raffaello: incanto d’arte
Molti furono gli architetti e gli artisti che nel corso dei secoli lavorarono all’edificio sacro, tra i quali meritano particolare menzione Bramante, Raffaello, Baccio Pontelli, Antonio da Sangallo il Giovane, Baldassarre Peruzzi, il già citato Pietro da Cortona, Carlo Maderno, Carlo Maratta e Cosimo Fancelli. Indubbiamente però, tra tutti, sono le opere di Bramante – con il suo splendido chiostro nel vicino convento – e di Raffaello – con la decorazione della cappella Chigi – a destare la maggiore ammirazione.
Il Chiostro del Bramante
Il chiostro del convento fu la prima opera pubblica romana realizzata da Donato Bramante, dopo il suo trasferimento da Milano: artista già maturo, riunì in questa architettura i dettami stilistici e proporzionali della classicità alle innovazioni prospettiche del suo tempo. Il chiostro, commissionato dal cardinale Oliviero Carafa (come attestano l’iscrizione dedicatoria che corre lungo tutto il suo perimetro e lo stemma gentilizio), fungeva come ovvio da perno centrale dell’intero complesso conventuale: lungo tutti i lati porticati si aprivano al piano terreno gli ambienti per la vita comunitaria, mentre al primo piano le singole unità abitative dei monaci. Oggi la struttura è stata riconvertita in spazio museale e culturale. L’impressione che si ha entrando è di totale armonia e linearità: tutto è misura, proporzione ed eleganza.
La Cappella Chigi e le Sibille di Raffaello
Entrando nella chiesa vera e propria invece, subito sulla destra, si apre la piccola Cappella Chigi, voluta nel 1515 dal ricco banchiere senese Agostino e decorata da Raffaello, suo giovane amico. Il grande affresco delle Sibille realizzato dall’Urbinate è uno splendido esempio di bellezza formale e messaggio cristiano. Delle quattro Sibille, tre sono ritratte con il volto di fanciulle, una invece come un’anziana donna, simbolo del mondo pagano: tutte però divengono profetesse della venuta di Cristo sulla Terra, grazie al messaggio divino portato dagli angeli che le circondano.
Anche in questa opera è possibile riconoscere tutta la straordinaria abilità esecutiva di Raffaello: la perfetta armonia delle forme, la costruzione simmetrica dello spazio pittorico, la delicata e morbida fisionomia dei corpi e dei volti e la felice stesura del colore. Ammirando questo piccolo grande capolavoro, il pensiero vola inevitabilmente all’altra grande genialità del Rinascimento, Michelangelo, e alle sue sue Sibille nella volta della Cappella Sistina. Vieni a visitare questa chiesa insieme a noi: controlla qui quando è prevista la prossima visita guidata!