Tra le straordinarie opere esposte nella Galleria fortemente voluta dal cardinale Scipione Borghese, potente e raffinato mecenate all’inizio del 1600, non poteva di certo mancare la genialità di Raffaello Sanzio, maestro pittorico del Rinascimento. Ben tre sono infatti le opere presenti in collezione: Dama con Liocorno, Ritratto di uomo e la Deposizione di Cristo.

 

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Dama con Liocorno – Raffaello

L’Urbinate realizzò la tela applicata su tavola della Dama con Liocorno all’inizio del Cinquecento. E’ qui ritratta una fanciulla che indossa un prezioso abito – la gamurra – con ampie maniche di velluto rosso e il corpetto di seta marezzata.

 

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Il dipinto, del quale non si hanno notizie documentarie certe, fu commissionato con molta probabilità come dono di nozze. Lo suggeriscono alcuni dettagli decorativi, in particolare le pietre del pendente (rubino e zaffiro), riferimenti simbolici allusivi alle virtù coniugali e al candore virginale della sposa: ne è un esempio la perla scaramazza, simbolo dell’amore spirituale e della femminilità creatrice, già dall’età antica. La stessa collana d’oro, caratterizzata dal nodo, è un chiaro riferimento al vincolo matrimoniale. Allo stesso modo è stata interpretata la presenza del piccolo unicorno che le giace sul grembo, animale fantastico tratto dalla letteratura medievale, attributo di verginità. Secondo molti però si potrebbe riconoscere nella delicata e aggraziata fanciulla anche la bella Giulia Farnese.

 

 

Ritratto di Uomo – Raffaello

Il Ritratto di uomo invece è un’opera ricondotta alla prima produzione di Raffaello, come sembra suggerire la mano più acerba dell’artista, ancora sotto l’influenza del Perugino. L’uomo ritratto è stato variamente identificato con il duca Francesco Maria della Rovere o con il cantore Serafino degli Aquilani.

 

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Deposizione di Cristo – Raffaello

Il capolavoro assoluto è invece la Deposizione di Cristo, opera intima e privata, commissionata a Raffaello da Atalanta Baglioni, madre in lutto per la morte del figlio Grifonetto, ucciso durante una lotta per il possesso della signoria di Perugia.

 

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La tavola, firmata e datata in basso a sinistra “Raphael Urbinas MDVII”, fu posta nella cappella di famiglia all’interno della Chiesa di San Francesco di Perugia e si racconta che qui sia rimasta per 100 anni, finché una notte, con la complicità dei frati, fu prelevata di nascosto e inviata a Roma a papa Paolo V Borghese, che ne fece dono al nipote Scipione. Originariamente era sormontata da una cimasa con l’immagine di Dio Padre benedicente (oggi alla Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia) e accompagnata da una predella con la raffigurazione delle Virtù teologali, oggi ai Musei Vaticani. L’ingente numero di disegni preparatori documenta lo studio dell’antico e il lungo e laborioso evolversi del progetto compositivo, reso progressivamente più drammatico e dinamico nella nuova iconografia del “trasporto”. La novità compositiva della Deposizione di Raffaello segnò il superamento della tradizione umbro-toscana, aprendosi a un nuovo linguaggio espressivo, sintesi di un perfetto equilibrio tra idealizzazione formale ed espressione del sentimento, secondo uno stile a lungo ricercato nei modelli dell’antichità classica e caratteristico della successiva fase romana dell’artista.

 

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