Passeggiando lungo le Mura Aureliane e giungendo sull’Appia Antica, impossibile non rimanere incantati dinanzi all’imponenza di Porta San Sebastiano, una delle più grandi e meglio conservate di tutta la città. Per scoprire tutta la storia delle Mura di Roma, vai al nostro articolo dedicato!
Il vero nome di questa porta era Appia, fu poi corrotto nel Medioevo in Daccia e Dazza fino a quando prevalse quello di Porta San Sebastiano, in ricordo del martire cristiano sepolto nella Basilica a lui dedicata sull’Appia, poco fuori delle mura. L’aspetto attuale della porta è il risultato di molte trasformazioni architettoniche succedutesi nel corso dei secoli perché è qui che Roma ha predisposto uno dei suoi ingressi monumentali.
La porta dall’epoca romana al medioevo
Nata all’epoca dell’imperatore Aureliano (III secolo d.C.) come porta a due archi gemelli, due torri semicircolari ai lati e facciata rivestita di travertino. Modifiche sostanziali si ebbero nel V secolo con Onorio, contemporaneamente ad un generale rifacimento delle mura, quando le due torri furono ampliate, rialzate e collegate, con due muri paralleli, al preesistente Arco di Druso, distante pochi metri verso l’interno dell’Urbe, formando un cortile interno in cui l’arco fungeva da controporta. Queste corti interne non avevano solo funzioni militari per la sicurezza, ma erano usate anche per ospitare gli uffici e le guardie del dazio per il controllo delle merci.
Un successivo intervento portò alla trasformazione dei due fornici di ingresso in uno solo, esattamente come vediamo oggi. Al primo piano dell’attico, utilizzato come camera di manovra della saracinesca per la chiusura della porta, vi sono ancora le mensole in travertino che sorreggevano le corde per muovere la grata lungo gli stipiti interni dell’arco di ingresso.
Particolarmente interessante è anche la croce greca entro un cerchio, scolpita nella testata interna del concio di chiave dell’arco, datata al VI-VII secolo con iscrizione in greco che dice “In grazia di Dio ai Santi Conone e Giorgio”, chiara espressione di cristianità, mentre la lingua scelta può indicare l’utilizzo di maestranze di origine greca nella costruzione delle mura.
Roberto d’Angiò e l’Arcangelo Michele
Dal medioevo in poi, la porta fu spesso teatro di scontri come quello avvenuto nel 1327 tra le fazioni romane dei guelfi e dei ghibellini, che si opposero all’attacco di Roberto d’Angiò re di Napoli che tentava di occupare Roma. Di questo evento rimane memoria in un’immagine dell’Arcangelo Michele che uccide il drago, graffita nello stipite interno della porta accanto a un’iscrizione in latino che ricorda che “l’anno 1327, indizione XI, nel mese di settembre, il penultimo giorno, festa di S. Michele, entrò gente straniera in città e fu sconfitta dal popolo romano, essendo Jacopo de’ Ponziani capo del rione”.
Gli ingressi trionfali del Cinquecento
Nel Cinquecento Porta San Sebastiano fu scelta in ben due occasioni come accesso monumentale in città. Nel 1537 papa Paolo III Farnese la trasformò in un accesso solenne per celebrare l’arrivo a Roma di Carlo V re di Spagna: la porta fu addobbata e decorata come un arco trionfale su progetto di Antonio da Sangallo il Giovane con statue, festoni e pitture ad affresco. Di tutto ciò a noi resta oggi visibile, purtroppo, solo la serie di ganci in ferro a cui furono appesi i festoni sotto la cornice dei bastioni marmorei.
E poi ancora nel 1571, quando la porta fu nuovamente ornata con trofei, festoni e pitture in occasione dell’entrata trionfale di Marcantonio Colonna, vincitore della Battaglia di Lepanto. Altri interventi di restauro furono effettuati nei secoli successivi, tra cui i più significativi quelli che portarono ad innalzare di un piano sia le torri che l’attico sopra l’ingresso, dando alla porta l’aspetto imponente che ancora oggi si può ammirare.
La porta dal Novecento ad oggi
Ma c’è ancora una curiosità da raccontare. Tra il 1940 e il 1943, la porta fu concessa per uso di studio e abitazione ad Ettore Muti, segretario del Partito Nazionale Fascista, e a questo periodo risalgono anche i mosaici pavimentali in bianco e nero visibili al suo interno.
Dopo la seconda guerra mondiale, Porta San Sebastiano venne riaperta al pubblico dal Comune di Roma che diede anche inizio alla stesura di un progetto per la realizzazione di un museo delle mura che, attraverso alterne vicende, divenne reale nel 1989.
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