Da mausoleo dell’imperatore Adriano a possente struttura difensiva fino a divenire una sontuosa residenza papale. E’ questa, in breve, la lunga e straordinaria storia di uno dei monumenti simbolo della città di Roma: Castel Sant’Angelo.

Ma è la sua trasformazione in terribile – e temibile – prigione ciò che forse stupisce maggiormente il visitatore! All’interno del Castello infatti, sono assai numerosi gli ambienti che durante il corso dei secoli furono via via destinati a vero e proprio carcere: dalle celle sotterranee fino a quelle ricavate tra le murature o – come vedremo – in spazi assai improbabili! Ma andiamo con ordine. 

 

Prigioni Storiche

Accessibili dal Cortile del Teatro, vi sono le cosiddette Prigioni Storiche, una serie di ambienti sotterranei, la cui realizzazione – o ampliamento – si deve molto probabilmente a papa Alessandro VI Borgia.

Dalla scala di accesso principale nel cortile, si accede a un grande ambiente rettangolare detto Parlatoio (la cui funzione è facilmente immaginabile dato il nome!) che immette in uno uno stretto e scuro corridoio anulare lungo il quale sono disposte le basse porte d’ingresso delle celle.

 

 

L’ultima è nota per aver ospitato, per quasi un anno, il celebre orafo e scultore Benvenuto Cellini, accusato di furto nella tesoreria del papa all’epoca di Paolo III. Egli stesso raccontò nella sua Vita di essere riuscito ad evadere dalla cella nella notte del 1538, calandosi con una corda fatta di lenzuola tagliate e annodate tra loro! Nella caduta si ruppe una gamba, ma riuscì ugualmente a raggiungere la casa del cardinal Cornaro, suo fidato amico. Catturato, venne ricondotto immediatamente al Castello e segregato nella cella più vicina alla grande cisterna per l’acqua, tuttora esistente sotto il pavimento del cortile. E Cellini nei suoi scritti si lamentava molto dell’umidità (vi è qui “dell’acqua assai”), oltre che dell’oscurità (le celle sono infatti prive di finestre) e della continua presenza di tarantole e vermi velenosi! 

 

Cella Sammalò

La cella più malfamata era però quella detta Sammalò, situata sul retro del bastione angolare San Marco. Il condannato vi veniva calato dall’alto e a malapena aveva spazio per sistemarsi mezzo piegato, non potendo stare né in piedi né sdraiato. La cella era anticamente uno dei quattro sfiatatoi che davano aria alla sala centrale del Mausoleo di Adriano, dove si trovavano le urne imperiali, e che si affacciava sulla rampa di scale. Nel Medioevo fu trasformato in segreta ed è qui che venne realizzato un disegno dell’oscuro “San Marocco”, che poi storpiato divenne “Sammalò” (e da qui il nome della cella). 

 

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La Cagliostra

Ma vi erano anche prigioni di lusso destinate a detenuti di riguardo, come quella posta nell’antica loggia dell’appartamento di Paolo III e detta la Cagliostra, perché nel 1789 vi fu qui tenuto prigioniero il celebre avventuriero Giuseppe Balsamo, detto conte di Cagliostro, accusato di stregoneria. Mentre sul cosiddetto Giretto di Pio IV, accanto alla Loggia di Paolo III, quelle che in origine erano stanze del palazzo costruite per i familiari di papa Gregorio XVI, furono trasformate in undici celle destinate ai prigionieri politici. Nelle celle di Castel Sant’Angelo vennero tenuti prigionieri, oltre ai già citati, anche gli umanisti Platina e Pomponio Leto, Giordano Bruno e alcuni patrioti italiani durante il Risorgimento. E sempre Pio IV fece inoltre costruire, addossata al bastione San Marco, una costruzione su più piani che doveva fungere da prigione, che divenne una caserma, e poi un dormitorio, la cosiddetta Marcia Ronda.

 

Gli illustri prigionieri

Molti furono gli illustri prigionieri ad aver perso la propria vita a Castel Sant’Angelo e molte furono, per esempio, le vittime dei Borgia. Il più noto è forse il cardinale Giovanni Battista Orsini, imprigionato con l’accusa di aver tentato di avvelenare Alessandro VI. Considerata la gravità del fatto, la madre e l’amante del cardinale, temendo per la sorte del loro congiunto, si presentarono al pontefice con un’offerta: una perla rara e preziosissima in cambio del cardinale! Nota era la debolezza dei Borgia per le perle (sembra che Lucrezia ne possedesse da sola più di 3.000) e il papa accettò infatti la proposta: prese la perla e, mantenendo fede alla parola data, restituì il cardinale, però…dopo averlo comunque fatto uccidere!

 

Sala della Giustizia

Ma come si decretava la sentenza dell’accusato? I processi venivano svolti nella Sala della Giustizia, il tribunale dove venivano lette le atroci sentenze di morte ai prigionieri. Di qui passarono i cardinali rei di congiure antipapali ed in questo temuto luogo Clemente VIII mandò al patibolo la giovane Beatrice Cenci e ordinò il supplizio di Giordano Bruno.

 

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Le esecuzioni capitali

Le esecuzioni capitali invece erano generalmente organizzate al di fuori del castello, nella piazzetta al di là di Ponte Sant’Angelo, anche se numerose furono le esecuzioni sommarie eseguite all’interno del castello e perfino nelle stesse carceri! Ad ogni esecuzione di una condanna capitale, suonava a morto la Campana della Misericordia, sulla terrazza ai piedi della statua dell’Angelo.

Nell’Ottocento inoltre la zona del cortile antistante la Cappella dei Condannati o del Crocifisso, divenne luogo di esecuzione per le condanne a morte mediante fucilazione. E celebre in questo senso divennero le prigioni del Castello usate come scenario del terzo atto della Tosca di Giacomo Puccini, in cui si racconta come il pittore Cavaradossi, qui imprigionato, fu condannato a morte per fucilazione proprio nel cortile e di come la sua amante, Tosca, per la disperazione, si sia uccisa gettandosi dagli spalti del Castello!

 

 

 

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