Visitare il complesso monastico della Basilica di San Paolo fuori le Mura lungo la via Ostiense, non vuole dire solo ammirare uno dei luoghi più importanti della cristianità, ma anche immergersi in pieno nelle secolari tradizioni occidentali, che si sono sviluppate in modo mirabile in una serie di capolavori artistici senza pari.
Nonostante un rovinoso incendio nel XIX secolo abbia distrutto gran parte della basilica – subito ricostruita tale e quale alla precedente – è possibile rileggere la storia di questo curioso angolo di Roma, attraverso non solo le parti superstiti ma anche i nuovi studi e le nuove indagini archeologiche, che hanno permesso di gettare nuova luce sulla vita quotidiana a partire dall’epoca romana fino ai giorni nostri. Per maggiori approfondimenti leggete i nostri articoli del blog sulla basilica e sulla necropoli ostiense!
I Benedettini a San Paolo fuori le Mura
Ma questo luogo è particolarmente significativo anche perché qui, da molti secoli, vive una delle più importanti comunità monastiche benedettine di Roma, custode instancabile delle memorie paoline. Il monastero adiacente alla basilica non solo è uno scrigno di tesori (purtroppo difficilmente accessibili al pubblico) ma prosegue da tempo immemore la tradizione speziale degli antichi.
Una piccola ma graziosa farmacia sorge infatti alle spalle del complesso a pochi metri dal maestoso campanile e qui è ancora possibile acquistare rimedi a base di erbe, preparati dai monaci stessi seguendo le antiche ricette!
E’ infatti impossibile scindere la storia benedettina dalla tradizione dei preparati galenici: quando San Benedetto fondò l’ordine monastico e stabilì la famosa Regola, intorno al 543, diede molto risalto alla cura degli infermi “cosicché si serva a loro come a Cristo in persona”.
La Spezieria: la farmacia dell’epoca
Fu così che i molti monasteri sorti in tutta Europa, oltre ad essere completamente autosufficienti, iniziarono ad avere al loro interno anche un hortus sanitatis o conclusus dove venivano coltivate le piante officinali (medicina simplex), sotto la direzione di un monaco infermiere che le raccoglieva e conservava negli armaria pigmentariorum ad uso esclusivo della farmacia interna, detta appunto spezieria. L’infirmarius, grazie alle sue competenze e alle nozioni di medicina apprese da antichi manuali, poteva così preparare i medicinali destinati ai monaci stessi e ai pellegrini di passaggio.
All’interno di questi monasteri inoltre vi era la pratica di trascrivere manualmente i testi degli antichi e di produrne di nuovi, concentrandosi in particolare sulla redazione di primitivi erbari, che in maniera enciclopedica riproducevano la pianta officinale con le varie caratteristiche e i vari effetti. Solo a partire dal XV secolo si sostituirono ai disegni, spesso solo abbozzati e grossolani, le piante essiccate vere e proprie, andando a costituire così l’hortus siccus.
Con il tempo inoltre le spezierie dei monasteri si aprirono ad un sempre più vasto pubblico, divenendo in breve tempo vere e proprie farmacie pubbliche, dove si poteva trovare davvero qualunque rimedio, vero o presunto! Con l’avvento della moderna scienza farmaceutica il ruolo delle spezierie è andato via via ridimensionandosi, ma è riuscito a non sparire del tutto, grazie alla dedizione dei monaci, che proseguono indisturbati l’arte delle piante e delle erbe da centinaia di anni.
La Spezieria Monastica della Basilica di San Paolo fuori le Mura: guarda il video!