Tra i capolavori esposti alla Centrale Montemartini, merita una particolare menzione la straordinaria statua della Musa Polimnia, vero e proprio capolavoro dell’arte antica.
Gli Horti Spei Veteris: il ritrovamento
Rinvenuta nel 1928 all’interno di un cunicolo sotterraneo nei pressi dell’odierna Villa Fiorelli, insieme a un’altra statua raffigurante la Musa Melpomene, (oggi al Museo Nazionale Romano) e a un tesoretto di monete dell’età di Marco Aurelio e di Settimio Severo, faceva probabilmente parte del sontuoso apparato decorativo degli Horti Spei Veteris, un ampio possedimento imperiale che si estendeva nell’area compresa tra l’odierna Porta Maggiore e l’estremità sud-orientale della città.
La realizzazione di questo grandioso complesso residenziale immerso in verdi giardini, dotato di un palazzo annesso ad un circo e ad un anfiteatro di corte, si deve all’imperatore Settimio Severo e ad Eliogabalo, che lo completò. Di questo complesso, oggi resta ancora visibile l’anfiteatro che nel III secolo d.C. fu inglobato nelle Mura Aureliane. La zona al di fuori delle mura rimase in totale abbandono, quella interna fu riutilizzata e rivalorizzata nel IV secolo d.C. grazie agli interventi dell’imperatrice Elena, madre di Costantino, a cui si deve la prima costruzione dell’attuale Basilica di Santa Croce in Gerusalemme.
La Musa Polimnia: chi è?
La nostra straordinaria scultura rappresenta una fanciulla in atteggiamento sognante e pensoso, con il volto sorretto dalla mano e il gomito destro appoggiato su uno sperone roccioso. E’ avvolta in un ampio mantello, fatto di mille pieghe soffici e leggere, da cui fuoriescono solo il piede e la mano sinistra, che sembra reggere un rotolo di papiro, simbolo dell’arte da lei rappresentata. Polimnia era infatti una delle nove figlie di Zeus e Mnemosine e quindi la musa protettrice della poesia, della pantomima, della retorica e della memoria grazie al potere del ricordare trasmesso dalla madre.
L’opera esposta alla Centrale Montemartini, in marmo pario, presenta ancora oggi una politura originaria perfettamente conservata in grado di sottolinearne l’assoluta qualità artistica e la cura nella resa dei particolari che sembrano conservare la freschezza dell’originale. Un soffice mantello la avvolge ed in un battito la pesantezza del marmo svanisce a favore di mille pieghe del panneggio inspiegabilmente leggere.
Si tratta di una copia romana di età antonina (II secolo d.C.) splendidamente realizzata ispirandosi al gruppo di Muse creato da Filisco di Rodi, scultore ellenistico attivo nella prima metà del II secolo a.C. ed inventore dell’archetipo scultoreo con Apollo e le Muse. Le Muse di Filisco sono teatrali non solo per la loro natura e per l’accento appassionato, ma perché capaci di valicare i limiti stessi della rappresentazione con l’apertura che il maestro ha dato al tema.
L’idea romana delle Muse
Plinio riferisce che a Roma per il Tempio di Apollo Medico (detto in seguito Sosiano), Filisco ripetè l’idea delle Muse su commissione di Marco Emilio Lepido che voleva qualificare l’antico luogo di culto in Campo Marzio per celebrare, col canto e con la memoria, i propri trionfi militari.
Se è dunque vero che le Muse, in ambito greco, erano considerate entità ispiratrici dell’incantamento musicale e del talento poetico – a partire proprio dall’innominata “diva” di Omero – conferendo un’aura di sacralità al sapere, durante il corso dei secoli è possibile assistere ad una progressiva autonomizzazione del mestiere dell’intellettuale. Tale “laicizzazione” pare riflettersi anche sulle stesse Muse che, lungi dal restare divine e garanti di ispirazione, divengono in un certo senso “pretesti” letterari, topoi destinati al logoramento ed allegoriche personificazioni dei generi poetici.
Nel mondo romano cultura e politica, entrambe più che mai in cerca di rappresentazione e di legittimazione, trovano all’unisono nelle figure delle Muse l’espressione più icastica e più efficacemente consolidata dalla tradizione. E nella nostra Polimnia è possibile per questo riconoscere una delle più alte rappresentazioni artistiche, ancora in grado di rappresentare perfettamente, e in pieno contesto imperiale, il significato originario di questo raffinato e sofisticato soggetto.
Non resta che controllare il programma mensile per vedere quando è prevista la prossima visita alla Centrale Montemartini per ammirare insieme, dal vivo, questo straordinario capolavoro dell’arte antica!