Tra le grandi vie consolari che in epoca romana videro sorgere ai loro lati imponenti necropoli e aree di sepolture, un ruolo centrale lo ebbe la via Ostiense. Le tombe qui poste, dimostrano infatti una continuità d’uso dal I secolo a.C. al IV secolo d.C., documentando quindi il passaggio tra l’uso del rito funerario dell’incinerazione e quello dell’inumazione, tipico del Cristianesimo.

 

La tomba di San Paolo e la Basilica

Una necropoli quindi molto vasta ed importante, attorno alla quale si articolò poi anche la prima area di culto e la successiva Basilica paleocristiana dedicata a San Paolo e detta fuori le Mura. Ed effettivamente la basilica sorse proprio qui perché tra le numerose tombe si riteneva vi fosse anche quella dell’apostolo Paolo, qui sepolto tra il 65 d.C. e il 67 d.C.: anche se cristiano, era prima di tutto un cittadino romano. Nei sotterranei della chiesa, esattamente al di sotto dell’altare papale, si trova una lastra di marmo che riporta l’iscrizione “PAULO APOSTOLO MART…” e che è posta esattamente al di sopra di un sarcofago, quello che verosimilmente dovrebbe quindi contenere proprio il corpo del santo.

 

 

Le tombe della Necropoli

Quella che in origine doveva essere una semplice necropoli pagana, in seguito alla sepoltura di Paolo, iniziò ad essere utilizzata anche dai primi cristiani, passando così dal rito dell’incinerazione – con tombe a colombario – a quello dell’inumazione, proprio della nuova religione che così velocemente stava prendendo piede a Roma.

Di fatto però la necropoli è talmente vasta, da essere ancora in larga parte rimasta inesplorata e pertanto ancora presente nel sottosuolo. Nel 1700, durante alcuni lavori di sistemazione nella vigna antistante la basilica, furono messe in luce le prime tombe anche se, in realtà, fu solo in epoca moderna – nel secolo scorso per la precisione – che si riuscì ad organizzare uno studio più accurato del settore della necropoli ancora oggi in parte conservato e visitabile.

Ciò che si presenta oggi al visitatore sono alcuni colombari tra i quali merita particolare menzione quello della Gens Pontia datato al I secolo d.C. che presenta nicchie semicircolari disposte su tre livelli. Questo tipo di sepolture era solitamente costituito da ambienti a pianta quadrangolare nelle cui pareti interne erano ricavate piccole nicchie, disposte in file su più piani, all’interno delle quali trovavano posto le deposizioni delle urne cinerarie.

 

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Tra le sepolture più interessanti vi sono la tomba dall’edicola finemente decorata con pittura in cui si riconosce una gazzella assalita da due leonesse e il piccolo sepolcro con fronte in cotto, cornici laterizie e stipiti in travertino appartenuto, come ci informa l’iscrizione qui posta, a Livia Nebris, figlia di Marco, qui sepolta insieme ad altri membri della famiglia.

 

 

Accanto vi è una stanza trapezoidale circondata da sepolcri scavati in semplici fosse che si è soliti identificare come sede del collegio o della famiglia (schola) che aveva costruito quei sepolcri per i suoi membri. Un po’ a fatica si intravedono ancora oggi però la serie di riquadri pittorici con uccelli che sembrano navigare nel bianco dello sfondo, in cui si distingue però anche la presenza di grifi, pegasi e di un’aquila posta su un globo.

 

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E ancora nel piccolo ambiente che si trova sotto la scala moderna altre tracce di pittura: un pavone con accanto Ercole che conduce fuori dall’Ade la giovane Alcesti che si era sacrificata morendo al posto del marito: un chiaro annuncio trionfale di vittoria sulla morte.

La necropoli di San Paolo rappresenta quindi, con le sue differenti sepolture e le sue delicate pitture, un sito assolutamente da visitare. In esso infatti si può cogliere pienamente il riflesso delle graduali ma significative trasformazioni sociali, economiche e culturali, avvenute a Roma tra l’epoca pagana e l’avvento del Cristianesimo.

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