Lungo Corso Vittorio Emanuele II, si innalza l’imponente mole della Chiesa Nuova, il cui nome ufficiale è Santa Maria in Vallicella. Fondata secondo la tradizione da Gregorio Magno alla fine del VI secolo, conservava al suo interno la miracolosa immagine della Vergine col Bambino conosciuta anche come “Madonna Vallicelliana”, che sanguinò dopo essere stata colpita da un sasso e precedentemente posta su un muro di una stufa (o bagno pubblico). Il toponimo di “vallicella” si riferirebbe invece al piccolo avvallamento di terreno che circondava in antico la stessa chiesa.

 

Da Santa Maria in Vallicella alla Chiesa Nuova

Il destino della chiesa cambiò completamente quando nel 1575 fu donata da Gregorio XIII a San Filippo Neri il quale, con l’aiuto dello stesso papa e del cardinale Angelo Cesi, fece edificare una “nuova chiesa” da Matteo da Città di Castello e da Martino Longhi il Vecchio, consacrata poi nel 1599. La facciata, seicentesca, ricorda con un’iscrizione celebrativa proprio questa importante ricostruzione e presenta sopra il portale centrale una statua della Vergine col Bambino tra due angeli.

 

I grandi nomi: Pietro da Cortona, Rubens, Rainaldi e Maratta

L’interno della chiesa, a tre navate, presenta importanti opere d’arte e tra queste la serie di affreschi di Pietro da Cortona: nella volta il Miracolo della Madonna che resse il tetto cadente, in ricordo del miracolo compiuto dalla Vergine nel periodo in cui la chiesa era in demolizione, sostenendo una parte del tetto che rischiava di crollare sui fedeli che assistevano alla messa; la cupola con il Trionfo della Trinità e l’abside con l’Assunta con i Santi.

 

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Straordinarie sono poi le tre opere realizzate da Pieter Paul Rubens: due tele ai lati dell’abside (a sinistra con i Santi Gregorio Magno, Papia e Mauro e a destra con i Santi Flavia Domitilla, Nereo e Achilleo) e la grande pala sull’altare maggiore dove, tra Angeli e Cherubini adoranti, fu posta l’antica immagine della “Madonna Vallicelliana”.

 

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Merita poi una particolare menzione anche la Cappella Spada realizzata da Carlo Rainaldi con la Madonna in trono tra i Santi Carlo Borromeo e Ignazio di Loyola, opera di Carlo Maratta.

 

La Cappella di San Filippo Neri

All’interno delle chiesa, proprio accanto all’altare, vi è poi la Cappella di San Filippo Neri, dove riposa la salma dell’apostolo di Roma, affettuosamente ricordato dai romani come “Pippo bbono”. Si racconta che uno dei muri della cappella sia proprio quello della stanza in cui il santo morì nel 1595 salvandosi prima da un grave incendio che qui scoppiò nel 1620 e poi dal piccone demolitore che distrusse la vecchia casa in occasione dei lavori per l’apertura di Corso Vittorio Emanuele II.

 

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La Sacrestia e le camere private di San Filippo Neri

Ma le sorprese della chiesa non finisco qui. Da una porta laterale del transetto si attraversa un corridoio su cui si affaccia l’ingresso della sacrestia e quello delle camere private di San Filippo Neri. La Camera Rossa contiene reliquie e ricordi del Santo, tra cui lo splendido stendardo realizzato in occasione della canonizzazione; nella Cappella interna, sull’altare, vi è un intenso ritratto di San Filippo in preghiera attribuito al Guercino; mentre al piano superiore gli ambienti riproducono fedelmente l’aspetto delle stanze originali in cui visse il Santo, che si trovavano nell’altra ala del complesso e che furono in parte distrutte dall’incendio del 1620 ed in parte demolite nel secolo scorso. Qui è infine possibile ammirare lo splendido quadro di Guido Reni che rappresenta il Santo in ginocchio dinanzi alla Vergine, presente anche in copia nella Cappella del Santo all’interno della chiesa.

 

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