La Buona Ventura è probabilmente uno dei più noti dipinti di Michelangelo Merisi, a tutti noto come Caravaggio.

 

Buona Ventura: le due versioni

Fu realizzato fra il 1593 e 1595 per il cardinale Francesco Maria Del Monte e poi acquistato, alla vendita della sua eredità, dal cardinale Pio di Savoia e attraverso i suoi eredi sarebbe poi giunto a metà del Settecento nella collezione della Pinacoteca dei Musei Capitolini, dove ancora oggi possiamo ammirarlo.

Dell’opera esiste però anche un’altra interessante versione, oggi al Louvre, che probabilmente appartenne ad Alessandro Vittrice (“gentiluomo di Roma”) e che venne eseguita da Caravaggio all’epoca del suo breve soggiorno presso Fantin Petrignani, nei primi mesi del 1595.

 

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In seguito il quadro figurò tra i beni di Camillo Pamphilj che probabilmente lo aveva acquistato sul mercato romano, insieme alla Maddalena Penitente e al Riposo durante la fuga in Egitto, per poi regalarlo nel 1665 al re di Francia Luigi XIV, approfittando del viaggio a Parigi di Gian Lorenzo Bernini.

Quest’ultimo assistette all’apertura della cassa che custodiva il dipinto, che si scoprì danneggiato per via di un’infiltrazione d’acqua che aveva irrimediabilmente lesionato alcune parti.  A Parigi fu definita un’opera “senza spirito di invenzione”, mentre invece le fonti del primo Seicento la consideravano esattamente al contrario, e cioè una tela dal soggetto assai originale.

 

Il tema della zingara

Il tema della zingara che, con il pretesto di predire il futuro ad un ingenuo giovanotto, gli sottrae l’anello, mostrava una certa novità e anche se si ispirava ad una consueta scena di strada per l’epoca, poteva ben celare avvertimenti morali più alti come per esempio mettere in guardia dalle insidie la gioventù o agire come monito verso il desiderio di conoscere il proprio destino senza rispettare la priorità della volontà divina che lo determina.

 

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Caravaggio nella sua opera ritrae una giovane fanciulla, la zingara appunto, con abiti semplici e un po’ esotici, mentre si avvicina ad un giovane nobile ben vestito, con guanti e cappello piumato, dall’atteggiamento quasi spavaldo – con tanto di mano appoggiata al fianco – ma con occhi che sembrano tradire un certo timore, forse a causa della sicurezza che si legge nell’occhiata della zingarella che sembra così catturare lo sguardo del ragazzo per distoglierlo dal furto dell’anello!

 

 

È altamente probabile che Caravaggio abbia realizzato l’opera con dei modelli veri. Giovan Pietro Bellori, uno dei primi biografi dell’artista lombardo, sostiene infatti che la modella fosse proprio una zingara che il Merisi aveva fermato per strada: con questo espediente, voleva dimostrare che per creare un buon dipinto era possibile trarre ispirazione anche da soggetti bassi, senza dover per forza guardare alla pittura dei grandi maestri del passato.

 

Caravaggio e la luce

Pur trattandosi di un dipinto appartenente al “periodo chiaro” di Caravaggio, la luce inizia già a creare un’atmosfera teatrale e intensa. Sulla parete dietro le figure, di un ocra dorato a scaldare l’intera atmosfera, la luce radente proiettata crea infatti una sferzata obliqua che anima tutto lo sfondo.

Qui inoltre Caravaggio sperimenta una delle prime scene narrative a mezza figura, in cui i protagonisti, non più isolati e accompagnati da un brano di natura morta (come in Canestra di frutta o nel Bacco adolescente), devono stabilire una relazione tra di loro ed un accordo nelle espressioni: furbizia sorridente per la zingara e incantata sprovvedutezza del giovanotto.

 

 

 

Una curiosità

La Buona ventura fu sottoposta nel 2020 ad un restauro grazie al quale è stato possibile scoprire alcune novità sulle tecniche pittoriche di Caravaggio come, per esempio, l’incisione di piccoli segni sulla preparazione per ricordare quale fosse la disposizione dei modelli.

Per ammirare dal vivo questa straordinaria opera, non resta che controllare il programma mensile per scoprire quando è prevista la prossima visita alla Pinacoteca Capitolina!