Passando davanti alla Basilica di Santa Maria in Cosmedin, è impossibile non notare la lunga fila di visitatori pronti a fotografare la Bocca della Verità. Ma la storia e l’importanza del luogo vanno ben oltre questo celebre mascherone!
La basilica infatti fu fondata nel VII secolo nel cuore del Velabro e dell’antico Foro Boario, esattamente nel luogo in cui in epoca romana sorgeva l’Ara Massima di Ercole, riconoscibile in quel grande nucleo di tufo che è ancora parzialmente visibile nella metà posteriore della basilica, in corrispondenza della cripta. Vicino all’Ara vi era un’aula porticata i cui resti furono nuovamente inseriti nella basilica e nella sagrestia.
Cosmedin: cosa vuol dire?
Nell’VIII secolo l’edificio fu destinato ai monaci bizantini che fuggiti alle persecuzioni degli iconoclasti d’Oriente, si erano già stabiliti nei pressi del Tevere. Fu proprio per le sue decorazioni che l’edificio prese anche il nome di Cosmedin, che in greco significa appunto “ornamento”.
I restauri e gli impianti della Basilica durante i secoli
La basilica subì poi numerosi interventi di ampliamento e restauro durante il corso dei secoli. I più significativi furono quelli intrapresi dai pontefici Gelasio II e Callisto II nel XII secolo, dopo i gravi danni inferti dall’invasione di Roberto il Guiscardo, condottiero normanno. Artefice di questi lavori fu Alfano Camerario, al quale si deve sostanzialmente l’aspetto attuale della basilica, compresi il portico e l’elegante campanile romanico a sette piani di bifore e trifore.
Nel 1718 la chiesa fu soggetta ad un radicale restauro per volere del cardinale Albani ad opera dell’architetto Giuseppe Sardi: la facciata fu trasformata ed ornata con stucchi e cornici secondo il gusto barocco, smantellata poi nel 1894 per ripristinare l’antico aspetto della basilica.
L’interno della Basilica e le opere d’arte
Entrando nell’edificio si può ammirare uno dei pavimenti cosmateschi più straordinari di Roma, oltre ad alcuni frammenti degli antichi affreschi risalenti all’VIII e al IX secolo raffiguranti “Cristo e Santi”. E’ ancora visibile la schola cantorum, realizzata sotto Callisto II, circondata da plutei e colonnine con rivestimenti di marmi preziosi e l’elegante cero pasquale posto su un piccolo leone marmoreo. Gioiello indiscusso della basilica è poi il ciborio in stile gotico-fiorentino, opera di Deodato (terzo figlio di Cosma il Giovane), che ricopre l’altare maggiore ricavato da un blocco di granito rosso – forse del tempo di papa Adriano I cioè dell’VIII secolo – qui voluto da papa Celestino II e contenente le reliquie dei Santi Cirilla, Ilario e Coronato.
I sotterranei della Basilica
Scendendo invece nel livello inferiore della basilica, si raggiunge la cripta anch’essa divisa in tre navate (come la basilica) separate da sei colonne con cappelle laterali: risale al III secolo d.C., al tempo delle persecuzioni di Diocleziano, quando i primi cristiani decisero di sfruttare le fondamenta dell’antica Ara di Ercole come piccolo e celato luogo di culto.
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