Tra le meraviglie esposte a Palazzo Altemps, una delle quattro sedi del Museo Nazionale Romano, impossibile è non rimanere incantati dinnanzi al Galata Suicida posto proprio al centro del meraviglioso salone del piano nobile.

 

Analisi del Galata Suicida

Il gruppo raffigura un condottiero che si suicida, dopo aver ucciso una donna, verosimilmente identificata con sua moglie. Rinvenuto nell’area degli Horti Sallustiani, appartenuti prima che al celebre storico romano al grande Giulio Cesare ed entrati poi a far parte del demanio imperiale, divenne uno dei pezzi di maggior prestigio della straordinaria collezione di antichità che rese celebre nei secoli scorsi la scomparsa Villa Boncompagni Ludovisi.

 

 

Il guerriero, verosimilmente di alto rango, è raffigurato mentre, nudo, si trafigge il petto con la spada volgendo lo sguardo verso l’alto, con un’espressione che è contemporaneamente concentrata e determinata a portare a compimento la propria tragica missione. A terra restano lo scudo ovale e il fodero della spada, ormai abbandonati.

 

 

Con la mano sinistra, lascia cadere il corpo della moglie che, esanime, si accascia mollemente a terra. Gesto assai nobile per gli antichi era infatti quello di porre fine alla propria esistenza pur di non essere catturati dal nemico.

 

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Il gruppo scultoreo emana una forza assai potente, enfatizzata certamente dalla posizione dei corpi della coppia volta a suggerire un movimento rotatorio che culmina nel braccio sollevato in alto con la spada, ma anche – e forse soprattutto – dal fatto che nella sua realizzazione furono previsti diversi punti di vista, come avveniva spesso nella scultura ellenistica.

 

 

 

Il significato del Galata Suicida

Ma chi e cosa rappresenta questo gruppo scultoreo? L’identità celtica della coppia è affermata da alcuni dettagli assai precisi: per l’uomo, oltra alla nudità in combattimento, i baffi e la folta e bionda capigliatura resa per mezzo di ciocche compatte perché i Galli in battaglia le bagnavano con acqua e gesso o calce; per la donna, il suo stesso essere presente sul campo tutta intenta ad incitare al combattimento, prima del tragico epilogo.

E’ tutto questo che ha portato gli studiosi ad identificarli come Galati, membri cioè di quelle tribù celtiche stanziate in Asia Minore nel 279 a.C. dopo aver saccheggiato il Santuario di Delfi, sconfitti dai sovrani attalidi.

 

Il Galata Suicida e il Galata Morente

Fatto ancor più straordinario è che il nostro Galata Suicida entrò nella collezione Ludovisi insieme ad una seconda statua oggi nota come Galata Morente ed esposta ai Musei Capitolini. Qui il guerriero è rappresentato con grande pathos: la ferita che provocherà la morte dell’uomo è ben visibile ed indica la volontà precisa dell’artista di rappresentare il guerriero esattamente nell’ultimo istante di resistenza al dolore, ma invano.

 

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Galata Morente

 

 

E’ assai probabile che i due gruppi scultorei facessero parte di un unico monumento che doveva celebrare una vittoria su una popolazione di origine celtica e che in questo fossero in origine accostati tra loro. Le sculture Ludovisi però sono copie di originali ellenistici in bronzo e quindi è doveroso distinguere il significato originario da quello assunto nella loro sistemazione romana all’interno degli Horti Sallustiani.

Se è vero che gli originali sono attribuibili all’ambiente pergameno, è probabile che le due sculture si possano riconoscere in quelle realizzate nel 233 a.C. da Epigono all’epoca del re Attalo I e che furono poste all’interno della Terrazza di Atena a Pergamo. La collocazione quindi di una copia di questo monumento all’interno degli Horti di Roma lascia pensare che i Galati siano stati qui visti nel nuovo contesto come i Galli, terribili nemici dei Romani, vinti proprio da Giulio Cesare, che con la sua committenza intendeva quindi forse realizzare, all’interno della sua proprietà, un monumento che ricordasse proprio il suo vittorioso Bellum Gallucum!