Nella splendida cornice di Palazzo Corsini alla Lungara sarà esposto per la prima volta al pubblico il capolavoro ritrovato di Giorgio Vasari, il Cristo Portacroce. Fino al 30 Giugno 2019 infatti l’opera del maestro manierista sarà visibile insieme alla collezione permanente della Galleria Corsini, aggiungendo così un prezioso “tassello” alla conoscenza di un importante artista italiano, noto anche per essere stato il primo grande storico dell’arte.

 

Giorgio Vasari e Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori

Giorgio Vasari, nato ad Arezzo nel 1511 e morto a Firenze nel 1574,  ebbe una vastissima rosa di interessi: fu infatti un pittore dallo spiccato gusto manierista, un architetto di certo pregio (realizzò tra gli altri il Palazzo della Carovana a Pisa e il complesso fiorentino degli Uffizi) e infine eccelso storiografo.

 

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A lui dobbiamo infatti il merito di aver documentato in modo magistrale – anche se a volte non fedelissimo alla realtà -“Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori”, una serie di biografie che copre l’intero canone artistico sviluppatosi tra Trecento e Cinquecento, da Cimabue fino ai suoi contemporanei, se stesso incluso! Ma torniamo al capolavoro ritrovato.

 

Il Cristo Portacroce: un capolavoro ritrovato

Nel 1553 Vasari realizza il Cristo Portacroce per il banchiere Bindo Altoviti, uomo colto e dotato di uno spiccato gusto per l’arte, amico e protettore dei più importanti artisti del tempo, tra cui Michelangelo e Raffaello. Vasari aveva già lavorato più volte per il ricco committente come ad esempio una decina di anni prima, realizzando “L’Allegoria della Concezione”, un dipinto ad olio su tavola conservato nella Chiesa dei Santi Apostoli a Firenze o decorando la loggia della sua residenza con il Trionfo di Cerere, oggi perduto.

Il Cristo Portacroce rappresenta però uno dei lavori più preziosi della maturità del Vasari, realizzato poco prima di lasciare Roma per recarsi a Firenze: il dipinto testimonia dunque un momento assai importante dell’attività romana dell’artista, al servizio di papa Giulio III e della sua cerchia.

Il Cristo appare di profilo con un volto leggermente reclinato verso il basso, malinconico e di una bellezza antica, classica, con uno sguardo che infonde rassegnazione, accentuata dal sapiente uso dei giochi di luce e ombre. In primo piano dunque il viso e la grande mano che sostiene la Croce, che si intravede dietro quasi a fondersi con lo sfondo e con i capelli color rame di Gesù.

 

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Un capolavoro dipinto ad olio su tavola perduto da secoli e ritrovato grazie all’attento studio di Carlo Falciani, che durante un’asta negli Usa è riuscito ad identificare l’opera vasariana e a restituirla al grande pubblico. Poco si conosceva infatti dell’opera: è lo stesso Vasari a menzionarla all’interno delle Ricordanze, dove sono indicati la data, il nome del prestigioso committente e il suo valore, “quindici scudi d’oro”. Nel Seicento divenne proprietà dei Savoia, poi le sue tracce si persero fino al ritrovamento, avvenuto appunto pochi mesi fa. Una storia davvero eccezionale dunque quella che accompagna questo capolavoro ritrovato!