Tra le continue sorprese che la città di Roma è in grado di rilevare, meritano una particolare menzione i sepolcri di via Statilia, a poca distanza dalla caotica piazza di Porta Maggiore. La loro scoperta risale 1916 durante i lavori intrapresi per l’allargamento stradale: ciò che si trovò fu un gruppo di sepolcri datati al I secolo a.C. che furono però interrati e quindi abbandonati già nel secolo successivo: è per questo motivo che sono detti di epoca repubblicana.
Via Statilia ricorda nel nome l’antica gens romana che in questa zona ebbe molti possedimenti, anche se i sepolcri in origine erano allineati lungo l’antica strada Celimontana, che da qui piegava a sud attraversando il terreno dell’attuale Villa Wolkonsky, per dirigersi verso Porta Caelimontana al Celio.
IL SEPOLCRO PIU’ ANTICO
Il sepolcro più antico è datato al 100 a.C. e presenta una facciata costruita in blocchi di tufo in cui si apre una porta centrale rettangolare fiancheggiata da due scudi rotondi. La camera funeraria interna è molto piccola ma grazie ad un’iscrizione qui rinvenuta sappiamo che apparteneva al liberto e libraio Publio Quinzio, qui sepolto insieme alla moglie Quinzia ed alla concubina Quinzia Agatea!
IL SEPOLCRO DOPPIO O “GEMINO”
Il sepolcro adiacente, di poco successivo, presenta in facciata i ritratti in bassorilievo dei defunti: una donna e due uomini a sinistra, due donne a destra: liberti delle famiglie Clodia, Marcia ed Annia. Il sepolcro è detto gemino, ossia doppio, in quanto è costituito da due vani con celle ed ingressi distinti, ma con il prospetto e la parete divisoria in comune.
GLI ALTRI EDIFICI FUNEBRI
Più o meno contemporanei ai due sepolcri, sono anche un colombario, del quale rimangono scarse tracce e un monumento ad ara – un antico altare in blocchi di tufo e peperino – che un’iscrizione assegna agli Auli Caesonii, probabilmente due fratelli, e a Telgennia. L’intero complesso di tombe risulta essere molto importante perché permette di seguire da vicino il passaggio dal tipo di tomba a camera (la più antica, quella di Publio Quinzio) al monumento isolato (il più tardo, quello dei Caesonii), passaggio che avviene appunto tra la fine del II secolo a.C. e gli inizi del I secolo a.C.
Ciò che ha assicurato il loro ottimo stato di conservazione fu invece proprio il graduale innalzamento del terreno che li ricoprì, avvenuto già in antico, facendoli così giungere perfettamente intatti fino ai nostri giorni.