Tra le meraviglie di Galleria Corsini, merita una particolare menzione la Salomè con la testa del Battista realizzata da Guido Reni nel 1638-1639.
L’opera fu verosimilmente acquistata dal cardinale Francesco Barberini il 13 dicembre 1639, entrando poi nella collezione Corsini come dono di monsignor Bardi a papa Clemente XII, divenendo subito uno dei dipinti più apprezzati, come testimoniano le numerose copie e le lodi che le sono dedicate nelle guide di Roma tra Settecento e Ottocento.
Salomè e Giovanni Battista
La vicenda di Salomè si collega direttamente alla storia di Giovanni Battista e, in particolare, all’episodio della sua decapitazione. Il Battista aveva infatti pubblicamente disapprovato il comportamento del re Erode Antipa, figlio del famoso Erode che ordinò la strage degli innocenti. Il sovrano aveva infatti sposato Erodiade, moglie di suo fratello Filippo. A causa di queste accuse, Giovanni fu messo in prigione. Durante un banchetto Salomè, figlia di Erodiade, si esibì in una danza sensuale, incantando Erode. L’entusiasmo del re fu tale che egli promise alla fanciulla di esaudire ogni suo desiderio. Fu così che Salomè, istigata dalla madre, chiese in dono la testa del Battista e di fronte alla promessa fatta, per quanto spaventato, Erode dovette cedere, facendo quindi decapitare Giovanni.
La Salomè descritta nel Vangelo risulta priva di motivazioni e di volontà propria, appare più come uno strumento della perfida volontà della madre. Solo nel porre la richiesta a Erode, sembrerebbe prendere tuttavia un’iniziativa tutta sua, chiedendo di avere la testa del Battista su di un piatto, per non sporcarsi le mani forse o perché solo l’idea di toccare il macabro oggetto con le mani le suscitava orrore! Ma come tutto questo si riflette nell’arte?
Salomè nell’arte
Nell’iconografia questo soggetto è spesso reso con il tema del banchetto di Erode: la scena mostra Salomè, a volte ancora impegnata nella danza con alcuni suonatori di flauto o tamburello, mentre sopraggiunge il carnefice con un vassoio sul quale è poggiata la testa del Battista, come nell’affresco di Masolino da Panicale nel Battistero di Castiglione Olona realizzato nel 1435.
Ma nel corso dei secoli è proprio il piatto a divenire l’attributo distintivo di Salomè come ben dimostra anche il capolavoro del Reni. Qui la figura di Salomè si staglia su un fondo grigio e indistinto, dal quale emerge portando su un piatto la testa recisa del Battista, da consegnare alla madre Erodiade. La versione di Guido Reni si concentra sulla messa in scena del contrasto tra l’episodio narrativo – una fanciulla che porta una testa mozzata su un piatto – e il volto di Salomè, che punta gli occhi sullo spettatore, mantenendo allo stesso tempo una gelida e impersonale distanza, accentuata dalla sapiente tecnica pittorica utilizzata dall’artista, che fa emergere dalla tela le sue ricche vesti e il copricapo, attraverso pennellate lunghe e corpose.
Impossibile non vedere qui un richiamo alla Salomè con la testa del Battista realizzata da Tiziano nel 1515 o ad altre opere cinquecentesche come quelle di Bernardino Luini e Sebastiano del Piombo.
Ma la Salomè del Reni è lontanissima dalle ben più cupe e macabre realizzazioni di Caravaggio, l’una a Madrid e l’altra a Londra, con la testa del Battista sul piatto o ancora dalla Decapitazione di Giovanni Battista nella Concattedrale di San Giovanni a La Valletta, Malta.
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