Che gli antichi romani amassero celebrare i propri trionfi è fatto ben noto. Ma non tutti forse sanno che a Roma vennero innalzati ben 36 archi di trionfo, anche se quelli giunti fino a noi sono molti meno. Quali? Scopriamoli insieme.

 

Arco di Tito

Ai piedi del Palatino e proprio all’inizio del Foro Romano, si innalza l’arco fatto costruire per volontà del Senato e del Popolo Romano, da Domiziano, ultimo imperatore della dinastia Flavia, in memoria del fratello, già divinizzato, per celebrarne il trionfo nella guerra giudaica del 70 d.C. L’arco, ad un solo fornice e in marmo pentelico, è finemente decorato dal fregio con la processione trionfale in cui ben si distinguono la quadriga imperiale, guidata dalla dea Roma e con Tito incoronato dalla dea della Vittoria, ed i soldati che trasportano le opere trafugate dal Tempio di Gerusalemme: le trombe d’argento, la mensa dell’Arca dell’Alleanza e il riconoscibilissimo candelabro a sette bracci.

 

 

Arco di Settimio Severo

Ai piedi del Campidoglio invece, non lontano dalla Curia, si innalza l’arco fatto costruire nel 203 d.C. dall’imperatore Settimio Severo, per celebrare le vittorie sui Parti (antica Persia). A tre fornici – quello centrale maggiore dei due laterali – presenta sull’architrave l’iscrizione dedicatoria all’imperatore e al figlio Caracalla; in origine era nominato anche l’altro figlio, Geta, ma il suo nome venne cancellato dopo che fu assassinato per volontà dello stesso fratello. Sopra le arcate minori corre un piccolo fregio in cui è rappresentato il corteo trionfale di Settimio Severo con la scena del suo ingresso a Roma, mentre nei pannelli più grandi sono rappresentati i momenti principali delle campagne militari contro i Parti.

 

 

Arco di Costantino

Posto lungo la via percorsa dai trionfi, tra il Circo Massimo e l’Arco di Tito, è il più grande arco onorario giunto fino a noi e celebra appunto il trionfo dell’imperatore su Massenzio, avvenuto il 28 ottobre del 312 d.C., a seguito della Battaglia di Ponte Milvio. La decorazione in lastre marmoree a rilievo fu ideata e realizzata in età costantiniana secondo un progetto unitario, utilizzando, oltre a rilievi del medesimo periodo, anche molti materiali di spoglio provenienti da altri monumenti imperiali dell’età cioè di Traiano, Adriano e Marco Aurelio. Interessante è notare come tutti i volti degli imperatori che appaiono nei rilievi siano stati rimodellati a somiglianza di Costantino, con il nimbo a connotare la maestà imperiale. Le molte immagini che popolano l’arco sono unite da un preciso filo conduttore: le immagini del passato, con la narrazione delle guerre e dei trionfi dei grandi protagonisti dell’impero, possono legittimare il potere dello stesso Costantino, che vuole essere celebrato e riconosciuto come nuovo arbitro delle sorti di Roma.

 

 

Arco degli Argentari

Non è un vero e proprio arco ma una porta architravata (oggi accanto alla Basilica di San Giorgio al Velabro), che dava accesso al Foro Boario. eretta nel 204 d.C. in onore di Settimio Severo da parte dei cambiavalute (argentarii appunto) e dei mercanti (negotiantes) del luogo. Nell’iscrizione dedicatoria sull’architrave sono stati rimossi i nomi di Geta, figlio dell’imperatore, e di Plauziano, prefetto del pretorio con la figlia Plautilla, moglie di Caracalla, che li fece uccidere. Interessante la raffigurazione della famiglia: Settimio Severo con la moglie Giulia Domna e i due figli, Caracalla e lo scomparso Geta. Durante il Medioevo, si diffuse la leggenda riguardante un fantomatico “tesoro degli Argentari”, che suscitò le curiosità di molti avventori nei secoli successivi… non sembra però essere stato ancora ritrovato!

 

 

 

Arco di Giano

Situato nel Foro Boario, a pochi passi dalla Bocca della Verità e dal precedente arco, nella zona conosciuta come Velabro, l’arco di Giano non è un arco trionfale: è un  tetrapylon, ovvero un arco con quattro arcate, a pianta quadrata costruito nella prima parte del IV secolo d.C. su un ramo della Cloaca Maxima. Offriva riparo ai passanti e rappresentava forse un punto di ritrovo per i commercianti del Foro Boario che qui potevano concludere i propri affari. La denominazione dell’arco deriva dal termine latino ianus e cioè porta, e dovrebbe corrispondere al passaggio dell’Arcus Costantini costruito al tempo di Costanzo II ed eretto al centro di un importante incrocio al margine del Foro Boario. Sulle chiavi di volta dei quattro archi sono scolpite le figure della Dea Roma e di Giunone, ambedue sedute, e di Cerere e Minerva in piedi. Chiuso dal 1993, finalmente l’Arco di Giano torna fruibile ogni fine settimana grazie alla Soprintendenza Speciale di Roma e al mecenatismo della Fondazione Fendi, che si era già occupata della sua suggestiva illuminazione.

 

 

 

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