Nascosta ai più, proprio alle spalle della Fontana di Trevi, incastonata tra via Marco Minghetti e piazza dell’Oratorio, a due passi da via del Corso, si trova una piccola ma preziosa Galleria, un passaggio pedonale incantato, tornato a risplendere grazie ad un attento restauro. Si tratta della Galleria Sciarra, così chiamata dal nome della famiglia che ne volle la costruzione a ridosso del proprio palazzo nobiliare. Scopri qui quando visitarla insieme a noi!

 

Palazzo e Galleria Sciarra: un po’ di storia

 Sebbene infatti la Galleria venne realizzata solo alla fine del XIX secolo, come testimonia la sua stravagante decorazione, il palazzo di cui diventa deliziosa appendice, è uno dei più imponenti e ricchi edifici storici di Roma: sorto tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento (al posto di possedimenti preesistenti), vanta uno dei più bei portoni della città, tanto da essere considerato una delle quattro “meraviglie di Roma”!

 

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La Galleria, invece, è più “moderna”: fu voluta infatti dal principe Maffeo Sciarra, come “vetrina” per la propria attività editoriale: al quotidiano La Tribuna infatti il principe affiancò la rivista letteraria Cronache Bizantine diretta da Gabriele D’Annunzio, che nella Galleria trovò la sua perfetta collocazione.

 

 

Il progetto della Galleria

L’architetto artefice di tale innovativo spazio fu Giulio De Angelis, che progettò un cortile a pianta cruciforme, con volta a padiglione nervata in ferro e vetro. Un’architettura che dialoga felicemente con la decorazione parietale, affidata al pittore Gabriele Cellini, su progetto iconografico del letterato Giulio Salvatori, che tendeva ad esaltare la figura della donna come sposa, madre e custode del focolare domestico. Un chiaro omaggio del principe Maffeo alla madre, la principessa Carolina Colonna Sciarra, le cui iniziali campeggiano in tutti gli apparati decorativi, insieme a quelle del figlio.

 

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Le decorazioni e l’esaltazione della figura della donna

Le decorazioni, eseguite con la tecnica dell’encausto, ritraggono sia la donna nelle sue fondamentali virtù del tempo come per esempio “la Pudica”, “la Sobria”, “la Forte” e “la Umile”, sia scene quotidiane di vita alto borghese come “la cura del giardino”, “il pranzo domestico” o ancora “la conversazione galante”, dove si può intravedere un ritratto dello stesso D’Annunzio. Non mancano inoltre raffinate decorazioni in terracotta, che si ispirano alle antiche arti etrusche, greche e romane, e più in generale alla tradizione costruttiva antica.

 

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L’idea “moderna” di architettura

A modernizzare l’intero complesso, ricorrono infine l’uso sapiente del ferro a vista e della ghisa impiegata nelle strutture portanti a cui si alternano il ferro battuto e il vetro delle decorazioni. Ecco quindi che la Galleria si presenta come un felice “innesto moderno” all’interno di una struttura più antica.

 

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Un sapiente esempio di come l’architettura e l’arte abbiano ben descritto il cambio culturale e sociale che in questi anni, proprio a cavallo tra il XIX e il XX secolo, la Capitale e l’Italia intera si avviavano a compiere.