Tra le artiste donne che in passato riuscirono ad emergere grazie alla propria arte, in un mondo dominato dagli uomini, merita certamente una particolare menzione Sofonisba Anguissola.
Sofonisba Anguissola: chi era
Nata a Cremona nel 1532, in un’aristocratica famiglia piacentina ascritta al patriziato veneziano, si dedicò all’arte fin da giovane divenendo il primo caso di artista femminile celebre non solo in Italia ma anche all’estero, in quanto fu ospite per molto tempo a Madrid presso la corte di Filippo II.
Donna dalla vita eccezionalmente lunga per la sua epoca (visse infatti quasi cent’anni), fu anche una delle prime artiste tenute in gran considerazione dai suoi contemporanei: pittrice molto richiesta dai più prestigiosi committenti, venne citata anche nelle Vite di Giorgio Vasari, sebbene non ci sia una sezione a lei dedicata.
Il padre, Amilcare Anguissola, era ben inserito nell’ambiente culturale cremonese ed era un grande appassionato di arte, tanto che quando la fanciulla aveva appena 11 anni, l’accompagnò insieme alla sorella Elena nella bottega del pittore Bernardino Campi, dove restarono a vivere per tre anni. Qui apprese gli elementi caratterizzanti dello stile manierista che certamente riportò nella ritrattistica, genere nel quale decise di specializzarsi.
Straordinaria ritrattista
Dal 1551 – anno in cui si datano le sue prime opere – il nome e l’abilità di Sofonisba, proprio come ritrattista, si diffuse tra artisti e mecenati, grazie ad una intensa attività promotrice del padre.
Persino Michelangelo Buonarroti ricevette da parte di Amilcare alcuni suoi disegni rimanendo particolarmente colpito, fino a volersi con lei complimentare, per quello che ritraeva il fratellino di Anguissola, Asdrubale, appena morso da un granchio, riconoscendo l’ottima capacità dell’artista nel captare l’espressione di dolore del bambino. Lo stesso disegno risulterà poi di ispirazione persino per Caravaggio nella creazione di uno dei suoi dipinti giovanili più famosi, il Ragazzo morso da un ramarro.
Sofonisba in Spagna alla corte di Filippo II
Nel 1559 il duca d’Alba insistette con Filippo II per chiamare alla corte di Madrid la nostra Sofonisba come dama d’onore della quattordicenne Elisabetta di Valois, sua promessa sposa, affinché le impartisse lezioni di pittura. Sofonisba lasciò così l’Italia per trasferirsi in Spagna nel 1560.
Qui le sue capacità trovarono ampio riconoscimento: le furono commissionati alcuni ritratti per diverse personalità, senza tuttavia essere ufficialmente incaricata come vera pittrice di corte, per cui si narra che venisse ricompensata con doni materiali come gioielli e tessuti al posto di concreti compensi economici. Mentre era in Spagna, per volere del padre, fu data in sposa per procura con il nobile siciliano Fabrizio Moncada, fratello del vicerè di Sicilia.
I matrimoni e la vita tra Palermo, Cremona e Genova
Fu così che nel 1573 Sofonisba si stabilì a Palermo con il marito che tuttavia morì pochi anni dopo, ucciso all’altezza di Capri, durante un attacco pirata mentre si stava dirigendo via mare alla corte di Filippo II. La giovane donna volle dedicare alla memoria del marito il dipinto Madonna dell’Itria: nel volto della Vergine possiamo riconoscere un suo autoritratto, mentre nelle due piccole barche rappresentate, il ricordo del tragico destino subito dal consorte.
La pittrice lasciò Palermo per tornare a Cremona, e durante il viaggio conobbe un nobile genovese, Orazio Lomellini, vedovo con un figlio; i due si sposarono e Sofonisba si trasferì prima a Genova, dove rimase per trentacinque anni, e poi nel 1580 a Palermo, dove giunse insieme al marito che qui aveva numerosi interessi.
Gli ultimi anni di vita
Sofonisba continuò a dipingere incessantemente, nonostante iniziasse a soffrire di un importante problema alla vista che nel tempo peggiorò, rendendole impossibile continuare a dipingere. La sua fama come abile pittrice restò sempre molto elevata, anche durante gli ultimi anni della sua vita: fu ammirata anche da Antoon Van Dyck, che venne in contatto con le sue opere quando arrivò alla corte spagnola dopo la sua partenza. E quando i due artisti nel 1624 si incontrarono a Palermo, lui venticinquenne, decise di ritrarla, anche se lei era ormai anziana; l’anno successivo infatti, la pittrice – ormai ultranovantenne – spirò il 16 novembre.
Fu sepolta a Palermo, nella Chiesa di San Giorgio dei Genovesi: la sua esperienza di artista aprì certamente la strada alle altre pittrici donne, fino a quel momento presenti nell’arte solo come soggetto, ma mai come esecutrici ufficiali.
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