Le Terme di Caracalla
Tra le costruzioni più sontuose di Roma, vi sono certamente le Thermae Antoninianae fortemente volute dall’imperatore Caracalla, costruite tra l’ingresso monumentale alla città (Porta Appia) e il Circo Massimo, che le inaugurò nel 216 d.C. La pianta rettangolare è tipica delle grandi terme imperiali, un edificio in cui prendersi cura di corpo e mente: nel blocco centrale il calidarium, il tepidarium, il frigidarium e la natatio; ai lati, disposti simmetricamente e raddoppiati, le due palestre e gli spogliatoi. Lungo il recinto esterno le cisterne, le due biblioteche simmetriche, due grandi esedre, gli accessi principali e le numerose tabernae; e poi grandi e rigogliosi giardini adorni di fontane e giochi d’acqua.
I sotterranei
Ma ciò che colpisce maggiormente il visitatore oggi sono forse i sotterranei di questo straordinario edificio, fulcro della vita del complesso, il luogo in cui lavoravano centinaia di schiavi e di operai specializzati in grado di far funzionare l’ingegnosa macchina tecnologica delle Terme. Conservati per circa due chilometri, i sotterranei erano un dedalo di gallerie carrozzabili dove si trovavano oltre ai depositi di legname, l’impianto di riscaldamento, costituito da forni e caldaie, un impianto idrico ed un mulino.
Il mitreo
Ma in questi ambienti vi è anche qualcosa in più: un Mitreo, uno dei più grandi conservati nella città di Roma che denota la forte vicinanza della famiglia dei Severi ai culti di origini orientali. Scoperto nel 1912, è databile poco dopo la costruzione delle terme e si compone di cinque ambienti comunicanti con il piano superiore attraverso una scala accessibile dall’esterno nei pressi dell’esedra di nord/ovest, attraverso una piccola porta.
All’ingresso si distinguono il vestibolo e alcuni ambienti di servizio – uno dei quali forse utilizzato come stalla per gli animali da sacrificio – e poi nella sala principale, un’ampia stanza rettangolare con volte a crociera sorrette da pilastri in mattoni. Qui ben si distinguono ancora lungo i lati i due alti banchi con il piano inclinato verso la parete dove sedevano i fedeli durante le cerimonie.
Nel pavimento inoltre, che conserva ancora la sua copertura originale di mosaico bianco con fasce nere, è interrata una grande olla fittile, chiusa da un anello in marmo, usata verosimilmente per i riti di abluzione.
Poco più avanti, si distingue invece una grande e profonda apertura, solitamente utilizzata nei rituali mitraici per la “tauroctonia” l’uccisione sacrificale del toro sacro – o più verosimilmente un animale surrogato – che secondo un identico schema iconografico, era affrescata al centro di ogni mitreo. Qui però la presenza di un cunicolo sotterraneo che metteva in comunicazione l’apertura alle attigue sale di servizio, ha spinto molti studiosi a supporre l’utilizzo della stessa per i riti del “taurobolio”, riconducibile normalmente al culto della Gran Madre, in cui il sacerdote, posto in una struttura sotterranea sovrastata da un piano perforato, inondato dal sangue del toro/animale ucciso sopra di lui, si presentava ai suoi compagni nella fede purificato e rigenerato.
Oltre ad un altare e alcuni frammenti del gruppo statuario di Mitra nell’atto di uccidere il toro, in una delle pareti, unico superstite dell’intero apparato decorativo, vi è un affresco su cui sono raffigurati il dio Mitra e un personaggio munito di fiaccola che tiene nella mano sinistra un disco solare, e cioè uno dei Dadofori, Cautes e Cautopates.
Visitare il Mitreo oggi non è semplicissimo perché non è sempre aperto al pubblico, ma controlla il programma mensile per vedere se è prevista una visita guidata a questo luogo straordinario!