Poteva forse mancare a Roma una piramide? Certo che no! Vediamo insieme la sua storia.
Caio Cestio, proprietario della Piramide
La Piramide Cestia deve il proprio nome a Caio Cestio. Ma chi era costui? Caio Cestio, che volle una piramide come sua personale tomba, era un membro di un importante collegio dell’Antica Roma. Se siete curiosi, controllate se è in programma una visita guidata alla Piramide in questo mese. Come ben tiene a precisare nell’iscrizione presente sulla piramide, era infatti membro del collegio sacerdotale degli Epuloni creato nel 196 a.C. con l’incarico di curare la preparazione e la celebrazione dell’Epulum Iovis.
Questo era un sacrificio in forma di banchetto – in latino appunto epulum – che si celebrava in occasione dei festeggiamenti annuali della fondazione del tempio di Giove Capitolino, in onore appunto di Giove, Giunone e Minerva. Essere un epulone voleva dire aver raggiunto un’elevata posizione sociale e quindi molta ricchezza e potere!
Gli arazzi detti Attalica
Tutta questa ricchezza portò il nostro Caio Cestio ad acquistare degli arazzi molto pregiati, detti Attalica dal re di Pergamo Attalo I (il primo a possedere arazzi di questo tipo). Quale era la particolarità di questi arazzi? Quella di essere realizzati con preziosi fili d’oro! E ovviamente, proprio come i potenti faraoni, Caio Cestio voleva portarseli nella tomba, ma Augusto aveva appena promulgato una legge che vietava l’ostentazione del lusso e quindi la famiglia non poté esaudire la richiesta. Fu così che decisero di vendere i preziosi arazzi e con il ricavo fecero realizzare due colossali statue in bronzo dorato da posizionare proprio all’ingresso della Piramide. E sulla base delle statue, oggi ai Musei Capitolini, fu inciso il testamento lasciato da Caio Cestio con le disposizioni per la costruzione della Piramide, le tempistiche di esecuzione e i nomi dei beneficiari tra cui compare anche Agrippa, genero di Augusto.