Tra le figure più importanti della storia dell’arte italiana, impossibile è oggi non menzionare il “rivoluzionario” Michelangelo Merisi detto Caravaggio, dal nome del paesino bergamasco in cui nacquero i genitori. Trascorse la sua fanciullezza a Milano, dove iniziò a lavorare come apprendista, poco più che tredicenne,  presso il pittore Simone Peterzano. Nel 1592 però – poco più che ventenne – decise di dare una svolta alla propria vita, trasferendosi a Roma.

Qui fu indirizzato a “dipingere fiori e frutta” dal Cavalier d’Arpino, iniziando a lavorare presso la sua bottega situata in Campo Marzio. Qui conobbe i suoi primi importanti mecenati, il cardinale Del Monte e Vincenzo Giustiniani, i quali iniziarono ad acquistare le sue prime opere, introducendolo nel giro dei grandi collezionisti della città.

 

Caravaggio in San Luigi dei Francesi e in Santa Maria del Popolo

La prima grande opera pubblica richiesta a Caravaggio arrivò nel 1599: le storie di San Matteo (la Vocazione, il Martirio e San Matteo e l’Angelo) per la cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi.

 

 

L’opera suscitò polemiche e scandalo, ma avviò l’artista alla celebrità, tanto che già nel 1600 gli furono richiesti la Crocifissione di San Pietro e la Conversione di San Paolo per la cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo.

 

 

Caravaggio: gli altri capolavori

E da qui la realizzazione, negli anni successivi, di altri grandi capolavori come la Deposizione oggi alla Pinacoteca Vaticana, la Madonna dei Pellegrini in Sant’Agostino, la Madonna dei Palafrenieri per la Basilica di San Pietro (rifiutata dai committenti e oggi a Galleria Borghese),  la Morte della Vergine al Louvre, oltre alle due versioni della Cena di Emmaus (una alla National Gallery di Londra e l’altra alla Pinacoteca di Brera a Milano).

 

 

L’omicidio di Ranuccio Tomassoni

Nel 1606 vi fu un tragico episodio che cambiò radicalmente la vita del pittore: uccise, come l’esito di un banale alterco scoppiato durante una partita di pallacorda, tale Ranuccio Tomassoni. Non fu questa la prima volta che Caravaggio ebbe a che fare con la giustizia, anzi, numerosi furono i fermi e gli arresti avvenuti per risse, pestaggi e duelli, riuscendo però, in un modo o nell’altro, sempre a salvarsi, anche grazie all’aiuto dei facoltosi uomini che lo proteggevano. Ma con un omicidio poco si poteva fare: la pena di morte per decapitazione era la condanna! Ecco quindi la fuga. Prima si recò a Napoli, poi a Malta, poi in Sicilia e di nuovo a Napoli. In ogni città lasciò opere di immenso valore: a Napoli le Sette opere di Misericordia e la Flagellazione; a Malta la Decollazione di San Giovanni Battista ed il Ritratto di Alof de Wignacourt; a Messina il Seppellimento di Santa Lucia e la Resurrezione di Lazzaro.

 

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Decollazione di San Giovanni Battista (Malta)

 

L’amicizia con il cardinale Scipione Borghese

Fortuna di Caravaggio fu la grande passione che per i suoi lavori ebbe il nipote di papa Paolo V, il cardinale Scipione che a Galleria Borghese volle molti suoi capolavori (ben sei quelli oggi esposti). L’artista realizzò infatti per il cardinal nepote anche la celebre tela del David con la testa di Golia, probabilmente eseguito mentre si trovava in esilio a Napoli per l’accusa di omicidio.

 

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Davide con la testa di Golia

 

David non manifesta il consueto fiero atteggiamento di trionfo mentre regge e osserva il capo mozzato di Golia: la sua espressione è piuttosto di pietà verso quel “peccatore”, nel cui viso Caravaggio avrebbe raffigurato il proprio autoritratto. Inoltre, l’iscrizione che compare sulla spada “H.AS O S” è stata sciolta dalla critica con il motto agostiniano “Humilitas occidit superbiam” (l’umiltà uccise la superbia).  L’episodio biblico diventa quindi impressionante testimonianza degli ultimi mesi di vita di Caravaggio, rendendo assai plausibile l’ipotesi secondo la quale il pittore avrebbe inviato la tela al cardinale Borghese, come dono da recapitare proprio a Paolo V per ottenere il perdono e il ritorno in patria!

 

Il viaggio di ritorno e la morte

La grazia venne accordata e fu così che Caravaggio iniziò a intraprendere il viaggio di ritorno a Roma. Ma purtroppo ben sappiamo che la sua non è una storia a lieto fine. Si racconta infatti che durante il viaggio di ritorno, abbia smarrito alcune tele e cercando di recuperarle, abbia raggiunto Porto Ercole dove, colpito da una gravissima febbre – provocata da una ferita infetta – morì il 18 Luglio del 1610 a soli 39 anni di età.