A Roma l’apoteosi fu introdotta per la divinizzazione di Giulio Cesare con un rito di cremazione del cadavere su una pira, dalla quale si faceva volar via un’aquila al momento dell’accensione, a simboleggiare l’anima dell’imperatore che veniva assunta in cielo. E in genere la consecratio avveniva solo dopo la morte dell’imperatore, che da quel momento era gratificato del titolo di divus.
L’apoteosi di un imperatore era essenzialmente un atto politico più che religioso attuato dal successore dell’imperatore e il processo prevedeva la creazione di un’immagine di cera dell’imperatore riccamente vestito e seduto, esposta in pubblico per un certo numero di giorni, dopo di che veniva bruciata all’aperto su di una pira funeraria, a simboleggiare l’ascensione al cielo. E divenne quindi pratica comune anche innalzare gloriosi templi dedicati a queste “nuove” divinità. Quali sono quelli giunti fino ai nostri giorni?
Tempio Divo Giulio
Edificato dal suo successore Ottaviano nel Foro Romano e consacrato il 10 agosto del 29 a.C., aveva un alto podio con due scale laterali, era prostilo esastilo con sei colonne sulla fronte e due sul pronao. All’interno della cella era custodita la statua di Cesare con la testa coronata da una stella, a ricordare la cometa apparsa come segno divino dopo la morte del dittatore, che annunciava l’accoglienza di Cesare nel mondo degli Dei. L’altare circolare al centro del podio – unica traccia oggi rimasta del tempio – ricorda proprio il luogo in cui avvenne la cremazione.
Tempio Divo Claudio
Situato sulla parte settentrionale del Celio e affacciato nella valle in cui poi sarebbe sorto il Colosseo, il tempio venne costruito a partire dal 54 d.C. per volere della moglie, Agrippina minore. Gravemente danneggiato dall’incendio del 64 d.C., fu riadattato da Nerone a ninfeo per la Domus Aurea. Sappiamo però che doveva sorgere su una grandiosa piattaforma rettangolare, parzialmente artificiale e sostenuta da poderosi muri di contenimento in parte ancora oggi visibili. Preceduto da una grandiosa scalinata di accesso, il tempio, che sul pronao allineava tre ordini di sei colonne, era collocato al centro di una grande terrazza circondata da portici, divenendo uno degli edifici più alti della città, ben 50 metri sopra il livello del mare.
Tempio di Vespasiano e Tito
Dedicato all’imperatore Vespasiano, divinizzato dopo la morte avvenuta il 23 giugno del 79 d.C., il tempio fu innalzato a ridosso della sostruzione del Tabularium, tra il Tempio della Concordia e il Portico degli Dei Consenti, alle pendici quindi del Campidoglio ed era limitato anteriormente dal percorso del clivus Capitolinus, la via percorsa dal corteo trionfale dal Foro per salire sul colle. L’edificio era lungo m 33 e largo 22 ed era costituito da un’ampia cella preceduta da sei colonne (prostilo esastilo), più due davanti alle ante, tutte di ordine corinzio. All’interno della cella vi era un podio, in cementizio, rivestito da blocchi di travertino ricoperti di marmo su cui si ergevano le statue dei due imperatori divinizzati: Vespasiano e il figlio Tito. Questo porta a credere che la costruzione del tempio, iniziata subito dopo la morte dell’imperatore, sia in realtà stata conclusa da Domiziano, dopo la morte del fratello Tito avvenuta nell’81 d.C.
Tempio di Adriano
La costruzione dell’edificio, voluta da Adriano per la moglie Vibia Sabina – morta e divinizzata nel 136 d.C. – fu però conclusa solo intorno al 145 d.C. dal suo successore, l’imperatore Antonino Pio che decise quindi di dedicarlo ad Adriano divinizzato. Il tempio, che presentava otto colonne sui lati brevi (ottastilo) e tredici su quelli lunghi, sorgeva su un alto podio accessibile dal lato est tramite una scalinata ed era circondato da una grande piazza porticata che si apriva verso la via Lata (ora via del Corso). All’interno della cella, vi erano semicolonne poggianti su alti zoccoli decorati con rilievi raffiguranti le personificazioni delle Provincie Romane, trofei militari e armature, rilievi che oggi si trovano nei Musei Capitolini e nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Nel 1695, Carlo Fontana inglobò i resti del tempio nel Palazzo della Dogana di Terra, per le merci che arrivavano a Roma via terra, che divenne nel 1831 sede della Borsa Valori di Roma e poi dal 1873 ad oggi della Camera di Commercio, motivo per il quale dell’antico edificio, oggi, si conserva solo una parte del colonnato del lato lungo nord con undici colonne alte 15 metri e del diametro di 1,44 metri!
Tempio di Antonino e Faustina
Nel cuore del Foro Romano, impossibile è non notare l’imponente mole del tempio posto su alto podio, al quale si accedeva da una scalinata monumentale, voluto dall’imperatore Antonino Pio in memoria dell’amata moglie Faustina morta nel 140 d.C. Il tempio presenta in facciata sei colonne in marmo cipollino, alte 17 metri, con capitelli corinzi in marmo bianco e due coppie di colonne disposte sui lati. Nel 161 d.C., alla morte dell’imperatore il Senato decretò che il tempio fosse dedicato ad entrambi e venne aggiornata l’iscrizione in facciata, Divae Faustinae ex S(enatus) C(onsulto), con il nome Divo Antonino.
Nel VII secolo il tempio fu riadattato in chiesa e a partire dall’XI secolo, è noto dalle fonti come Chiesa di San Lorenzo in Miranda (impreziosita dagli interventi seicenteschi di Pietro da Cortona e del Domenichino) in cui, nel 1429, si insediò la Congregazione dei Farmacisti per volere di Papa Martino V.
Tempio di Romolo
Molte le tradizioni e le ipotesi avanzate sulla sua costruzione. Una delle più note vuole che l’imperatore Massenzio abbia utilizzato un edificio precedente (un vestibolo circolare di accesso al Tempio della Pace) adattandolo a tempio per il figlio Valerio Romolo, morto nel 309 d.C. e divinizzato. Il corpo centrale, di forma cilindrica, è coronato da una cupola parzialmente rimaneggiata; la facciata invece, con andamento rientrante ad emiciclo, presenta quattro nicchie attualmente murate, usate in antico per accogliere altrettante statue. La parte meglio conservata è il portale, affiancato da due colonne di porfido rosso (il marmo degli imperatori) con capitelli corinzi in marmo bianco che sorreggono una trabeazione riccamente decorata di reimpiego, così come la cornice, anch’essa rifinita da dettagli pregiati. La preziosa porta bronzea, che presenta un meccanismo ancora funzionante, è una delle poche di epoca romana ad essere sopravvissuta fino ad oggi!
Nel VI secolo, quando venne un’aula del Tempio della Pace venne trasformata nella Basilica dei Santi Cosma e Damiano, il tempio fu utilizzato come vestibolo.